Il nostro insegnamento di biomeccanica si compone di due capitoli, la biomeccanica locale, quella del Kapandji per intenderci, e quella generale in cui i vari distretti articolari si mettono in relazione in sottosistemi, quello del “portale degli arti inferiori”, il rachide con le “meccaniche di Littlejhon”, spalla e cingolo, attraverso i concetti di “gioco dei compensi”, di “schemi funzionali e disfunzionali”, potenti strumenti di comprensione e diagnosi.
Noi abbiamo scelto di approfondire in maniera mirata le “nostre” scienze di base: l’anatomia, la biomeccanica, la diagnostica differenziale, la neurologia, la radiologia.
Per l’anatomia abbiamo selezionato determinate conoscenze raggruppandole sotto il termine “anatomia osteopatica”, ponendo una maggiore attenzione ai dettagli più significativi per noi, che lavoriamo con il metodo EOPⓇ. Studiamo per esempio un legamento o un tendine, perché tale legamento o tale tendine sono legati ad un dato sintomo; un repere osseo sarà importante perché vi si prende appoggio per un thrust; i muscoli sono piuttosto considerati nelle loro serie funzionali, le “catene”, e non come una serie interminabile di origini ed inserzioni.
Solo dando un senso clinico o funzionale all’anatomia se ne fa una materia “viva”, altrimenti si studia e si dimentica a ripetizione, esperienza già tristemente nota a chi proviene da un percorso universitario.
La conoscenza anatomica viene fin da subito consolidata da una parte pratica, l’anatomia palpatoria, che poi rapidamente diventa palpazione in movimento (test), che applica anche i concetti della biomeccanica locale, ed è strumento di diagnosi.
Studiamo poi la biomeccanica generale in cui le articolazioni si mettono in relazione in sottosistemi, quello del “portale degli arti inferiori”, il rachide con le “meccaniche di Littlejhon”, spalla e cingolo, attraverso i concetti di “gioco dei compensi”, di “schemi funzionali e disfunzionali”, potenti strumenti di comprensione e diagnosi.
Anche la diagnostica differenziale prevede due parti. La diagnostica differenziale generale che dovrà dirci se una sintomatologia è di nostra competenza, ovvero se a produrre un determinato sintomo concorre un importante parametro meccanico. La diagnostica differenziale osteopatica poi che deve rispondere a due quesiti: qual è il tessuto che soffre? e quali zone sono in relazione disfunzionale con quella che esprime il sintomo? Due domande chiave per il successivo progetto terapeutico.
Neurologia e radiologia sono pure “osteopatiche”, per sottolineare che anche qua abbiamo privilegiato concetti e nozioni, conoscenze e competenze, che hanno un immediato riscontro nella nostra pratica clinica.
E’ stato un lavoro di scrematura non breve e non semplice, ma ci ha consentito di mettere a fuoco quello che è il bagaglio essenziale che ogni professionista formato da noi deve avere e che, soprattutto, può essere efficacemente insegnato nel tempo a disposizione.
Tutta la parte teorica viene erogata online in modo da perseguire un duplice obbiettivo: dedicare la giusta attenzione ai concetti ed alle conoscenze, che sono veri e propri strumenti di lavoro indispensabili alla diagnosi ed alla progettazione di una strategia terapeutica..
Avere poi sempre a disposizione, come filmati, le lezioni teoriche.
Queste conoscenze vengono poi trasformate in competenze attraverso l’esercitazione su casi clinici, dove si impara a fare diagnosi incrociando i dati dell’anamnesi (diagnostica differenziale), con quelli dell’osservazione statica ed in movimento (di derivazione Mezieres), con quelli dei test (di derivazione osteopatica).
Dalla diagnosi si passa a produrre un progetto terapeutico efficace, partendo dal contratto terapeutico che si stipula con il paziente, attraverso l’iter terapeutico vero e proprio, fino al follow up, a medio e a lungo termine.
La biomeccanica si compone di un capitolo che riguarda la biomeccanica locale, ed è quella del Kapandji per intenderci, ma anche questa acquisisce un senso nella cosiddetta palpazione in movimento, pratica in cui si testa il funzionamento di ogni distretto articolare.
Studiamo poi la biomeccanica generale in cui le articolazioni si mettono in relazione in sottosistemi, quello del “portale degli arti inferiori”, il rachide con le “meccaniche di Littlejhon”, spalla e cingolo, attraverso i concetti di “gioco dei compensi”, di “schemi funzionali e disfunzionali”, potenti strumenti di comprensione e diagnosi.
Anche la diagnostica differenziale prevede due parti.
La diagnostica differenziale generale che dovrà dirci se una sintomatologia è di competenza osteopatica, ovvero se a produrre un determinato sintomo concorre un importante parametro meccanico.
La diagnostica differenziale osteopatica poi che deve rispondere a due quesiti: qual è il tessuto che soffre? e quali zone sono in relazione disfunzionale con quella che esprime il sintomo?
Due domande chiave per il successivo progetto terapeutico.
Neurologia e radiologia pure sono corredate dell’appellativo “osteopatiche”, per sottolineare che anche qua privilegiamo concetti e nozioni, conoscenze e competenze, che hanno un immediato riscontro nella nostra pratica clinica.
E’ stato un lavoro di scrematura non breve e non semplice, ma ci ha consentito di mettere a fuoco quello che è il bagaglio essenziale che ogni osteopata professionista deve avere e che, soprattutto, può essere efficacemente insegnato nel tempo a disposizione.
Nella scelta delle tecniche da insegnare – partendo dall’assunto che è fondamentale sapere quando e come usarle – abbiamo seguito gli stessi principi di efficacia ed autenticità con cui abbiamo selezionato gli argomenti teorici, per fornire ad ogni allievo una “valigetta” con non molti attrezzi, ma esaustivi e soprattutto usati bene e con competenza. Per arrivare a questo la ripetizione è fondamentale; solo nella ripetizione il gesto tecnico si affina e trova la sua efficacia.
Uno dei principi informatori della nostra didattica è quello di mettere ogni allievo in condizioni di affrontare al più presto un certo numero di situazioni tra quelle che più comunemente si presentano in studio; così si evolve velocemente in un mestiere pratico.
Per questo, fin dal primo anno, ogni seminario di pratica esaurisce un tema tecnico dedicato ad un determinato sottosistema – per esempio tecniche miofasciali dell’arto inferiore, TGO del cingolo scapolare, trattamento della colonna lombare in Thrust – in modo da poter usare fin da subito nel proprio lavoro gli strumenti acquisiti.
I tirocini sono fondamentali per acquisire quelle competenze che non è possibile trasmettere didatticamente. Parliamo della relazione terapeutica, della comunicazione, della gestione del paziente, per cui i discenti, a partire dal secondo modulo, devono trascorrere un numero minimo di giornate negli studi dei docenti.
Il Mezieres in una visione osteopatica
Trattamento Generale Osteopatico
Tecniche propriocettive
Durata: 1 anno
Attestato finale in “Mézières nella visione osteopatica”
Osteopatia Miofasciale
Tecniche miofasciali avanzate di derivazione Mézières
Trattamento Generale Osteopatico avanzato
Tecniche propriocettive
Tecniche in thrust
Durata: 2 anni
Attestato finale in Osteopatia-Metodo EOP
Per ogni anno di corso saranno erogati 50 crediti ECM
Laureati in medicina e chirurgia; laureati in fisioterapia; laureati in osteopatia
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