di Dario Vitale
Viviamo in una cultura dove la quantità conta più della qualità, l’avere più dell’essere, facciamo tante cose, approssimativamente, piuttosto che una alla perfezione.
Questo porta alla perversione di bisogni primari quali l’amore (avere tante avventure ha più valore che amare un’unica donna), la comunicazione (siamo “connessi” con tutto il pianeta e non sappiamo più parlare con chi ci è accanto), il movimento.
Per quest’ultima necessità si arriva addirittura a un paradosso: mentre si inventano sempre più cose per la comodità, eliminando nel quotidiano ogni occasione di movimento, ci si va poi ad ammazzare di fatica nelle palestre o correndo.
E così l’uomo moderno o è un palestrato, chiuso nella sua corazza di muscoli, o è un sedentario, più o meno avvolto in un involucro di adipe.
I due tipi sembrerebbero agli antipodi, ma hanno un comune denominatore, una scarsissima qualità di movimento.
Per capire quello che intendo basta andare di mattina in un qualsiasi parco cittadino a guardare la gente che corre.
Vedrete che lo sforzo che fa un culturista per muoversi dentro la sua armatura, a volte è maggiore di chi strascina dietro dei chili di troppo. Correre è scioltezza, libertà, armonia.
E d’altronde nei nostri studi ritroviamo ambedue le tipologie, ugualmente sofferenti. E allora?
E allora quello che dico ai miei pazienti – che mi chiedono consiglio – è di trovarsi delle attività motorie dove la “qualità” del gesto sia un po’ più curata, che non nei vari step, spinning e via dicendo. (Anche se, nella maggior parte dei casi, ci sarebbe bisogno di ripartire dai “fondamentali”: stare in piedi, camminare, respirare…)
Un bel gesto è economico per il nostro sistema muscolo-scheletrico ed evita incidenti e sofferenze. Così cerco di rendere un piccolo servizio alla persona che ho davanti, ed uno, ancora più piccolo, alla nostra società dove parlare di qualità, di armonia, di bellezza, sono oggi i veri discorsi politici.