« Ah, io non chiederei di essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei di essere uno scorfano, ch’è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell’acqua. » (Elsa Morante, L’isola di Arturo)
Memori del motto di Peppino quest’anno, finiti i corsi, ci siamo riuniti per tre giorni con tutto lo staff nell’isola di Arturo.
Si trattava di fare il punto della situazione, anche rispetto ad alcuni parametri che sono cambiati nel tempo, per adeguare il nostro servizio a:
– l’età media dei nostri utenti che si è drasticamente abbassata nel corso dei 10 anni di vita della scuola
– l’ingresso, tra i docenti, di alcuni tra quelli che sono stati i più brillanti allievi di un grande dell’osteopatia, Alain Bernard, e che ne hanno degnamente raccolto l’eredità
– ed in generale i feedback che ci sono arrivati nel tempo grazie ai suggerimenti, le proposte ma anche i mugugni e le lamentele degli allievi.
E così abbiamo praticamente invaso un piccolo albergo di charme, il Solcalante
provocando come primo effetto la fuga precipitosa di una coppia di ospiti – due vecchie zitelle – che, illuse di godersi in pace questo angolo di paradiso, hanno evacuato in tutta fretta e non senza qualche vibrata protesta davanti alla nostra numerosa (e rumorosa) tribù di un paio di dozzine di teste tra adulti e bambini.
Sistemati e sfamati adulti e bambini i lavori sono cominciati e la prima mezza giornata è passata per:
– puntare i nostri obiettivi: che osteopatia vogliamo insegnare e quale è il bagaglio teorico e pratico con cui un allievo deve uscire da EOP;
– chiarire la logica didattica: non senza qualche difficoltà è stato stigmatizzato il bisogno di uscire da una logica di scuola dell’obbligo, senza cadere in un eccesso opposto (né CEPU né scuola dell’obbligo è stata la parola d’ordine di questa fase);
– dare un assetto definitivo al meccanismo delle verifiche e dei controlli: al riguardo si è deciso che eventuali insufficienze nelle materie teoriche potranno essere riverificate in una sessione di settembre mentre per la pratica si sarà riverificati a fine dell’anno successivo (questo perché è più difficile colmare in pochi mesi una lacuna in una pratica).
Tutta la giornata di sabato è stata dedicata alla ristrutturazione degli insegnamenti pratici.
Per quanto riguarda il Cranio Sacrale è stato costituito il Gruppo di Studio Cranio Sacrale dell’EOP costituito da Marie Caroline Willeme, Tatiana Stirpe, Christian de Brabandere, Massimo Fabrizi ed Eddy Deforest. (Marie Caroline e Christian in collegamento via skype)
Nell’occasione sono state tracciate le nuove linee guida per lo studio del Cranio Sacrale durante i sei anni di corso.
Le priorità erano:
– Stabilire una più agevole – per lo studente – progressione pedagogica partendo da una base meccanica per arrivare gradualmente all’aspetto fluidico.
– Realizzare una migliore integrazione di questa materia con la globalità strutturale e viscerale.
– Approfondire l’aspetto clinico, per approcciare la neonatologia e le patologie dell’infanzia nella massima sicurezza.
– Acquisire le conoscenze e gli strumenti per comunicare senza difficoltà con altre figure professionali (pediatri, ortodontisti, gnatologi ecc…).
– In ultima analisi il problema che abbiamo individuato è di demistificare questo approccio grazie ad un’anatomia rigorosa e ad un esercizio palpatorio costante per trasformarlo, da una pratica spesso vista e vissuta dallo studente come un po’ esoterica, mai ben compresa e spesso ben presto abbandonata, in uno strumento per approcciare in studio i più svariati problemi in maniera pragmatica ed efficace.
Dall’altra parte lavorava il Gruppo di Strutturale e, discutendo sui vari modi di eseguire una tecnica e su come mostrarla, inevitabilmente uscivano fuori gli aneddoti più vari e divertenti, di cui spesso era Alain il protagonista, e l’enorme mole di lavoro si è stemperata in un piacevolissimo amarcord.
Tra le novità di questa materia un maggior numero di ore di pratica ed una serie di lezioni sulla clinica, , che saranno per gli allievi più esperti – 5° e 6° anno – una sorta di vademecum prezioso per la pratica di studio.
Questa intensa giornata di lavoro si è chiusa in bellezza al ristorante Nettuno davanti a piatti di pesce squisiti ed ad un panorama mozzafiato
La domenica mattina, ancora un po’ tra i “fumi” della sera precedente è servita a limare qualche dettaglio, a parlare dei sussidi didattici (in perenne ristrutturazione), a programmare i postgraduate
del prossimo anno, mentre i bimbi più grandi ci aspettavano pazientemente in giardino per un bel gavettone con i palloncini pieni d’acqua.
Dopo pranzo qualcuno è partito, qualcun altro è rimasto ma in tutti noi l’impressione di aver compattato una bella squadra è stata dominante.
L’appuntamento, a parte le riunioni periodiche a Roma, è per l’anno prossimo sull’Adriatico dalle parti di Eddy.
Se lavorare – e vi assicuro che il lavoro è stato colossale – fosse sempre così divertente…