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I 3 legami

3legami

di Renzo Spanu (supervisione di Paolo La Valle)
Una delle teorie che sono alla base dell’osteopatia è quella che riguarda i tre legami. I tre legami sono, classicamente, i modi in cui struttura e funzione si mettono in relazione.Questa è la definizione didattica e, talvolta, astratta.Sappiamo che, in osteopatia, la struttura è “quest’armatura fatta di parti dure, molli o liquide che, senza soluzioni di continuità, determina la forma del corpo, la sua posizione, i suoi movimenti” (D. Vitale)

In modo meno poetico ma più anatomico, la struttura corrisponde al tessuto connettivale che, in tutte le sue forme e consistenze, si occupa di connettere, distribuire nutrimento, fornire sostegno a sistema nervoso e sistema viscerale.

Questo scheletro viene chiamato comunemente FASCIA.

Di fascia se ne sente molto parlare, ma non sempre si conosce a fondo questo argomento.

È molto utile ricordare alcune caratteristiche della fascia che spiegano poi meglio i tre legami.

– la fascia è un continuum: variando la propria composizione, la propria localizzazione e la propria consistenza, la fascia può essere un tendine, un legamento, una membrana, una aponeurosi.

– la fascia ha una UNICA ORIGINE EMBRIONALE: il mesenchima. Nel differenziarsi, il mesenchima diviene osso, cartilagine, sangue

– la fascia ha una modificabilità CONTINUA: in base agli stimoli che vengono impressi, la fascia modifica la sua struttura interna in risposta ai suddetti stimoli.

Questa struttura si relaziona con la funzione (che potremmo definire come “macchinario di alimentazione”) attraverso tre vie principali: una via meccanica, una via neurologica ed una via fluidica.

Ma cosa è la funzione?

Per maggior chiarezza, possiamo identificare facilmente la funzione partendo da alcuni organi.

– nel polmone, la struttura è data dalle componenti anatomiche, la funzione è la respirazione

– nel sistema nervoso, la struttura sono i nervi stessi, la funzione è la conduzione del segnale nervoso

– per quanto riguarda il sistema mio-fascio-scheletrico, che è la struttura per eccellenza, la funzione è il movimento!

 

Troppo spesso, purtroppo, si rischia l’eccessiva teorizzazione che inevitabilmente porta a pensieri filosofici che ci allontanano troppo dal paziente che si rivolge a noi per un dolore o per un malessere.

Ecco una rapida spiegazione dei tre legami che ci permetterà poi di portare il discorso sulla quotidianità della professione osteopatica.

Il legame meccanico è quello attraverso il quale, ad esempio, una scoliosi rigida a livello dorsale provocherà una riduzione della funzionalità respiratoria. Viceversa, una ipertrofia epatica innescherà una serie di riduzioni di mobilità diaframmatica che si ripercuoteranno sulla colonna dorsale, a causa di relazioni fasciali e anatomiche.

A livello del legame neurologico ritroviamo la stessa relazione causa-effetto. Immaginiamo una fibrosi dei muscoli scaleni e la successiva irritazione del ganglio stellato (dovuta ad una prima costa in elevazione) che porterà sintomi ortosimpatici. Anche nel caso del legame neurologico, potrà essere un viscere (ad esempio la colecisti in congestione) a scatenare una serie di reazioni che porteranno a sintomi sulla struttura.

Il legame fluidico si basa sulla corretta circolazione dei liquidi corporei: sangue arterioso, sangue venoso, linfa…

Una ptosi viscerale secondaria ad un atteggiamento astenico potrà portare ad una congestione pelvica e quindi a difficoltà sia di rifornimento di sangue arterioso che di ritorno di sangue venoso. Ma è soprattutto il circolo interstiziale (che è alla base dello scambio cellulare) che, se non correttamente mantenuto, porterà a disfunzioni.

Ma, praticamente e quotidianamente, tutta questa teoria sui tre legami come può essere utilizzata?

E soprattutto, perchè l’osteopatia ha una marcia in più rispetto ad altri approcci alle disfunzioni?

L’osteopatia nasce e si sviluppa proprio per la necessità di una visione più ampia.

Se ci si affida al tripode diagnostico fatto di anamnesiosservazione e test, si potranno facilmente trovare delle relazioni a distanza mantenute in vita dai tre legami.

Per evitare di “andare troppo in periferia”, è necessario che il trattamento osteopatico segua le relazioni in modo adeguato e scrupoloso.

Per fare un esempio, se il dolore sacroiliaco del nostro paziente è legato ad una sintomatologia ascendente, la nostra attenzione si concentrerà su TUTTE le articolazioni dell’arto inferiore e su uno studio dell’appoggio del piede valutato in modo globale.

Invece, spesso si fa l’errore di andare troppo a distanza o di andarci troppo rapidamente, saltando a piè pari tutte le tappe che ci portano dalla articolazione sacroiliaca alla articolazione astragalocalcaneare.

L’analisi poco accurata della “periferia” più vicina porta inevitabilmente ad approcci eccessivamente e arbitrariamente “globali”.

Se invece si procede in modo analitico, tenendo conto dei tre legami che a questo punto saranno molto più pratici, si potrà arrivare a capire agevolmente il vero motivo che si nasconde dietro al dolore riferito dal nostro paziente. E, soprattutto, si potrà usare la globalità in un modo VERAMENTE efficace.

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