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EOP

Osteopatia e informazione

di peppino capobianchi
Mi capita spesso di avere tra le mani  biglietti da visita e “depliant” che allievi, ex allievi e docenti realizzano (da soli) quando decidono che è tempo di promuoversi.
Immancabilmente ci si trova davanti alla lista della spesa:  cervicalgia , brachialgia, tendinite,epicondilite, ernia iatale… etc. etc. etc.
Mi direte: se dici che nessuno conosce l’osteopatia dovremo pur specificare che cosa curiamo e i casi in cui possiamo intervenire!
Giustissimo – rispondo io – ma c’è un problema di forma che potrebbe lasciare interdetti i potenziali pazienti cui il messaggio è diretto. Si perché, a un occhio appena un po’ più attento, la vostra lista assomiglia troppo a quella di molti curatori e maghi…
Cosa fare allora?
Come far conoscere che cosa cura l’osteopatia senza “assomigliare” agli imbonitori che negli anni addietro giravano per le piazze vendendo sciroppi miracolosi buoni anche per l’unghia incarnita?
Io una proposta ce l’avrei (ed è poi sempre la stessa): spiegare queste cose in maniera corale che è molto meno sospetta.
In passato ho più volte invitato allievi e docenti a scrivere articoli divulgativi per il giornale dell’osteopatia nella rubrica “ cosa cura l’osteopatia”.
Forse l’invito era troppo vago.
Oggi vi faccio un invito più concreto: un articolo anche piccolo e anche molto semplice (casomai anche corredato da qualche foto (senza facce per i problemi di privacy) in cui raccontate/relazionate un vostro piccolo successo con una determinata patologia.
L’insieme dei vostri articoli formerà una sorta di enciclopedia vissuta  sui campi di applicazione della nostra pratica e darà agli autori una maggiore visibilità che, per un terapeuta che vive del suo lavoro, non guasta mai!
All’opera dunque e… buon lavoro
p.s. Vorrei raccomandarvi di non essere troppo timidi o timorosi di farsi pubblicità. Non state commettendo nessun crimine se il vostro fare è supportato da onestà intellettuale. Alla fine dei conti state segnalando (senza alimentare false speranze) a persone che soffrono, che esiste un’altra possibilità  tra l’altro non invasiva di risolvere il loro problema.

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