Dal 1999

EOP

Non solo viscerale

di Massimo Lombardozzi
Vorrei fare alcune considerazioni sull’approccio al paziente e sul metodo delle colonne di pressione, cercando di sintetizzare in pochi punti il messaggio che Finet e Williame ritengo abbiano voluto trasmetterci.
Non voglio sostituirmi a loro spiegando ciò che hanno fatto, ma semplicemente fare una breve sintesi per chiarirmi e chiarire le idee su questo metodo, che alcuni ancora ignorano.
Mi piacerebbe però partire da una considerazione che un giorno fece Dario Vitale rispondendo alla domanda di uno studente il quale osservava che non sempre le sequenze meccaniche che abbiamo studiato si rivelano esatte e a volte percepiamo  sotto le mani, cose diverse da quelle che  in teoria dovremmo sentire; in merito a ciò Dario disse:  “i ragionamenti che noi facciamo sulle  meccaniche sono delle costruzioni teoriche che gli osteopati hanno sviluppato per giustificare quello che sentiamo sotto le mani, ma la maggior parte sono osservazioni basate su criteri empirici”.
E’ forse per questo che non sempre spiegano tutto e a volte sotto le mani ci arriva il contrario di quello che dovremmo sentire secondo i concetti classici.
Ciò significa che per quanto condivisibili, le meccaniche osteopatiche, se pur basate su una conoscenza approfondita dell’anatomia umana, non sempre hanno un riscontro sperimentale, cioè non sono basate su ricerche condotte in modo rigoroso.
Non sono un così profondo conoscitore dell’osteopatia da sapere quanti studi EBM siano stati condotti su di esse, so per certo però che Finet e Williame ci hanno presentato un metodo che si basa su ricerche sperimentali e durante le loro lezioni non c’è stata una parola che abbiano detto, che non sia stata supportata da studi e pubblicazioni e laddove questi erano ancora in divenire, hanno sempre avuto l’umiltà di farcelo notare, ammettendo che in quel caso le loro fossero solo delle considerazioni personali ancora da verificare.
Questo non è un riassunto del corso, ma una sintesi in 30 punti in cui ho inserito alcune loro osservazioni e i concetti che ho ritenuto importanti per aiutarmi ad interiorizzare meglio il lavoro.

1. I movimenti viscerali avvengono in modo sistematico cioè secondo delle direzioni precise, studiate con strumenti clinici (rx ed ecografia) su numerosi pazienti e in seguito sottoposte ad elaborazione statistica.
Lo scopo dei movimenti viscerali sarebbe quello di distribuire la pressione esercitata dal diaframma durante la respirazione disperdendola secondo dei vettori ben precisi.

2. I movimenti viscerali avvengono su tre piani, ciascun organo con movimenti propri (Finet e Williame hanno elencato in modo dettagliato questi movimenti) ma tutti i visceri addominali scendono durante l’inspirazione e salgono durante l’espirazione.
3. La mobilità viscerale può subire delle restrizioni, quindi un viscere può andare in disfunzione verso l’inspirazione (essere facilitato in direzione caudale e ristretto nel movimento opposto), verso l’espirazione (essere facilitato in direzione craniale e non scendere) o può essere fissato (con una restrizione di movimento tanto in inspiro quanto in espiro). Ovviamente la restrizione comprende anche gli altri piani di movimento ma quello principale è il piano frontale e le direzioni privilegiate sono quelle di inspiro ed espiro.

4. Ad una mobilità normale corrisponde una fisiologia normale

5. Alterazioni specifiche della dinamica viscerale corrispondono a patologie specifiche
Questo è stato dimostrato mediante correlazione statistica tra le alterazioni della dinamica viscerale riscontrate sui pazienti con gli strumenti clinici e le patologie cui erano effetti. Sono state elaborate solo delle teorie sulla relazione causa effetto.

6. Una struttura sottoposta a tensione anomala modifica le sue proprietà visco elastiche
Studi condotti da fisiologi hanno dimostrato che, se sui gatti venivano fissate con dei chiodi le articolazioni distali di una delle zampe posteriori, a distanza di tempo tutto l’arto diveniva progressivamente più rigido depositando maggiori percentuali di collageno nei tessuti. Altri studi sono stati condotti sui visceri addominali e sulla loro capacità di rimarginare da cicatrici chirurgiche prodotte intenzionalmente.
E’stato dimostrato che negli animali in cui l’addome era stato sottoposto ad un aumento di pressione mediante riempimento con liquido, la cicatrice rimarginava tanto più lentamente quanto più a lungo era durato l’aumento di pressione.

7. La tensione anomala si trasmette da una struttura all’altra.
Nel caso dei gatti quanto più tempo durava l’immobilizzazione, tanto maggiore era il numero di strutture coinvolte, la tensione si propagava in successione (questo dovrebbe iniziare a farci riflettere sulle sequenze meccaniche ascendenti e discendenti).

8. Alla palpazione, un tessuto sottoposto a tensione anomala si presenterà più rigido, offrirà una minore risposta elastica rispetto ad un tessuto “sano” e sarà più difficile da mobilizzare in una direzione, nell’altra o in entrambe (concetti di rigidità-rimbalzo e Spazio/ Tempo).
Esercitando una pressione sulla struttura in lesione, essa si presenterà meno comprimibile, al termine della pressione offrirà un rimbalzo minore o assente, al tentativo di mobilizzazione in una direzione o nell’altra o in entrambe le direzioni, lo spazio ed il tempo percorsi saranno ridotti rispetto ad una struttura “sana”.

9. A livello corticale esistono gruppi di muscoli che vengono attivati in sinergia, la contrazione di uno comporta la contrazione contemporanea degli altri quale che sia il muscolo contratto in origine.
La sequenza riguarda in particolare il diaframma, il traverso dell’addome ed il perineo, che verrebbero attivati 20 millisecondi prima di effettuare qualunque movimento sia del tronco che degli arti con lo scopo, secondo gli autori che hanno condotto la ricerca, di aumentare la pressione intra addominale stabilizzando la colonna; tale sinergia si manifesta anche nelle contrazioni involontarie e negli spasmi muscolari.

10. Il diaframma si divide in due unità funzionali: un diaframma costale (respiratorio) ed un diaframma crurale (posturale)

11. Sul piano della funzione respiratoria il diaframma costale e quello crurale lavorano in parallelo
Ciò vuol dire che la tensione di uno non si trasmette completamente all’altro

12. L’emicupola destra e la sinistra sono due unità distinte e lavorano in parallelo
Il diaframma non è perfettamente circolare per la presenza dei corpi vertebrali, questo fa si che la tensione di un’emicupola non si trasmetta completamente all’altra.

13. Sul piano posturale il diaframma respiratorio e quello crurale lavorano in serie

La tensione di uno si trasmette all’altro e se il diaframma respiratorio è in spasmo, può trasmettere la sua tensione a quello crurale che tramite i suoi pilastri agirà sulla colonna vertebrale comprimendola.

14. Quando un viscere subisce una restrizione di movimento oppone una resistenza al movimento diaframmatico.
La tensione anomala modifica la struttura rendendola meno elastica, un viscere in disfunzione (quale che sia l’origine della stessa) è meno comprimibile e ha minore mobilità per cui il diaframma respiratorio deve esercitare una forza maggiore per compiere il suo lavoro.

15. La diminuzione della mobilità viscerale aumenta la pressione intra addominale
Laddove sussista una restrizione di mobilità viscerale la pressione aumenta, sia perché il diaframma deve esercitare una forza maggiore sul viscere per realizzare il suo movimento, attivando anche i suoi muscoli sinergici (traverso e perineo), sia perché il viscere stesso e il suo ambiente cambiando le loro proprietà visco elastiche diventano più rigidi.

16. A livello viscerale la tensione si trasmette da una struttura all’altra per contiguità
Un viscere in disfunzione diminuisce la sua mobilità e trasmette la sua tensione ai visceri vicini, che a loro volta saranno coinvolti nella restrizione e subiranno lo stesso processo modificando le loro proprietà visco elastiche.

17. I visceri possono subire tensioni provenienti da strutture sotto o sovrastanti
Una restrizione del movimento viscerale può avvenire per uno stato infiammatorio del viscere stesso o perché il suo ambiente fasciale ha subito una trasmissione di tensione da una struttura più o  meno lontana (una vertebra in disfunzione, un iliaco in blocco o qualunque lesione osteopatica) sovra o sottostante.

18. Le tensioni sovra e sottostanti giustificano le disfunzioni in inspiro e in espiro.
Quando un viscere subisce una tensione dal basso la sua mobilità sarà facilitata in quella direzione e avrà una restrizione di movimento verso l’alto (disfunzione in inspiro), viceversa se la tensione viene dall’alto.

19. Esistono delle traiettorie precise con cui si trasmettono le tensioni all’interno dell’addome

Queste traiettorie corrispondono ai dispositivi peritoneali che fissano gli organi al peritoneo parietale

20. Ci sono due traiettorie principali  una che percorre la parte destra della cavità addominale e l’altra la sinistra.

21. Quando tutti i visceri che appartengono alla stessa traiettoria sono in blocco ci troviamo di fronte ad una colonna di pressione
La sequenza comprende la piccola tuberosità dello stomaco, l’angolo colico di destra, il colon ascendente (è escluso il cieco) e il colon sigmoideo per la colonna di destra; la colonna di sinistra è più completa e comprende la grande tuberosità dello stomaco, l’angolo colico di sinistra, il colon discendente, il sigma, il cieco e il colon ascendente, quindi i due vettori si incrociano in basso coinvolgendo l’uno elementi dell’altro.
Anche il duodeno e il digiuno, così come gli organi parenchimatosi dell’addome, possono andare in restrizione ma all’osservazione statistica non è risultato facessero parte in modo sistematico delle colonne di pressione.

22. Quando si instaura una colonna di pressione tutti i visceri che ne fanno parte sono coinvolti nella restrizione di movimento e al test di mobilità saranno tutti positivi.

Il test si fa mettendo in relazione il primo elemento della colonna con ciascuno degli altri, es. nel caso della colonna di destra si testerà la piccola tuberosità dello stomaco con l’angolo colico di destra, poi con il colon ascendente, poi con il sigma e così via. Per la colonna di pressione sinistra, si testerà la grande tuberosità in coppia con l’angolo colico di sinistra, poi con il discendente e così via.

23. Perché ci sia una colonna di pressione tutti i visceri che ne fanno parte devono essere coinvolti nella restrizione di movimento ed essere fissati
Qualora uno degli elementi della colonna non si trovi in restrizione non ci troviamo di fronte ad una vera colonna di pressione.

24. Quando si instaura una colonna di pressione il diaframma deve essere trattato prioritariamente.

Qualunque sia l’origine della colonna di pressione quando essa si instaura, il diaframma è fissato a tal punto da rendere difficile qualunque tentativo di liberazione delle disfunzioni viscerali e anche se la sua origine è lontana sia nel tempo che nello spazio (es. una vecchia distorsione di caviglia), se non liberiamo e normalizziamo prima il diaframma, il nostro trattamento sarà più difficile e meno efficace nel tempo.

25. Il blocco del diaframma coinvolge anche altri muscoli
Come detto in precedenza, a livello corticale il diaframma lavora in sinergia con il traverso ed il perineo, per cui quando il diaframma è bloccato anche questi altri due muscoli lo sono contribuendo a rinforzare la colonna di pressione.
Ma esistono anche altri muscoli coinvolti, e sono quelli che intervengono nella respirazione come gli intercostali, gli scaleni e lo SCOM.
Questi infatti vicariano la funzione del diaframma che non riesce più a supportare da solo la funzione respiratoria e iniziano a lavorare con maggiore intensità aumentando la tensione nelle rispettive zone.
Quindi il diaframma bloccato ha la capacità di coinvolgere molte altre strutture nella sua disfunzione, per questo se non viene trattato in modo efficace, le altre lesioni osteopatiche che andremo a trattare si ripresenteranno con il tempo.

26. Quando sussiste una colonna di pressione la tensione risulta aumentata sull’emicorpo corrispondente.

Poiché tutti i muscoli della colonna sono in tensione, al test manuale tutto l’emilato del corpo in cui la colonna si è instaurata risulterà più rigido, il torace e l’addome saranno più rigidi e al test di pressione il parametro Spazio Tempo sarà ridotto.

27. La colonna di pressione può trasmettere tensione a tutte le altre strutture del corpo

Abbiamo detto che una struttura sottoposta a tensione anomala modifica le sue proprietà visco elastiche e la tensione si trasmette da una struttura all’altra, questo può avvenire in senso longitudinale, arrivando a coinvolgere strutture lontane come il cranio o un piede, o in senso trasversale coinvolgendo la spalla e l’ arto superiore.
Ma può avvenire anche il contrario, da una caviglia in lesione si può arrivare ad una disfunzione viscerale che col tempo può dare origine ad una colonna di pressione.
28. Se la colonna di pressione non è completa, il diaframma non è da trattare prioritariamente
Se la disfunzione, qualunque essa sia, non si è strutturata al tal punto da instaurare una colonna completa, il diaframma non è ancora coinvolto in modo importante, pertanto non va trattato in priorità.

29. Se non c’è una colonna completa occorre testare uno ad uno i visceri per valutarne le eventuali restrizioni e la direzione delle stesse e associare test preliminari su tutto il corpo

Se la colonna non è completa non si esclude che alcuni visceri possano essere in disfunzione per un problema intrinseco del viscere stesso o per relazioni fasciali con lesioni osteopatiche sopragiacenti o sottogiacenti.
Se la colonna sussiste, una volta trattato il diaframma, molte delle disfunzioni incontrate nei test preliminari sul corpo spariranno automaticamente, quelle che restano verranno trattate singolarmente.
A partire da questo momento il procedimento sarà lo stesso.
Il trattamento in entrambi i casi terrà conto della direzione delle disfunzioni viscerali e della pressione nel corpo.

30. Quando tutti i visceri avranno recuperato la mobilità e la pressione sul corpo sarà normalizzata, avremo completato il trattamento

Ad ogni manovra testeremo nuovamente le disfunzioni viscerali, la pressione sul torace e sull’addome e verificheremo i cambiamenti.
Può succedere che dopo aver normalizzato una lesione osteopatica anche distante dal viscere, la mobilità dello stesso si normalizzi così come la pressione potrebbe normalizzarsi sul lato del corpo che inizialmente era più teso e presentarsi maggiore dal lato opposto. Questo indica che da quel lato sussistono delle disfunzioni che devono essere trattate e che all’inizio non erano in grado di alterare la pressione, poiché altre più importanti agivano su questo parametro.
Man mano che procediamo nel trattamento verrà testata la mobilità viscerale e la pressione nel corpo e il trattamento sarà completo solo quando questi due parametri saranno interamente normalizzati.

E’  impresa ardua riassumere tutto il corso di Finet e Williame in poche pagine, ma si può dare un’idea del modo di procedere nel trattamento dei pazienti.
Questa metodica ha cambiato molto il mio modo di fare osteopatia, non tanto nelle manovre che sono le stesse che abbiamo imparato in questi anni, quanto nell’approccio al trattamento.
Gorge e Christian ci hanno offerto una chiave di lettura che ben rispecchia quel principio di globalità che in sei anni di osteopatia, i nostri insegnanti hanno voluto trasmetterci.
L’interpretazione è semplice, chiara ed efficace; posso dire infatti che da quando applico questa metodica i miei trattamenti sono più efficaci, i problemi si risolvono con un numero minore di sedute ed ho una percentuale maggiore di successi soprattutto nelle cronicità.
Ribadisco che non ho cambiato il tipo di manovre che facevo prima, pratico la stessa osteopatia strutturale e cranio sacrale.
Per il viscerale non posso dire lo stesso, ma non ho abbandonato la palpazione classica e pratico ancora molte manovre della tecnica Glenard perché le ritengo valide. La novità è che nel valutare il paziente e programmare il trattamento considero le colonne di pressione, ma d’altronde gli osteopati questo l’hanno sempre fatto sia pure in modo non sistematico.
In osteopatia craniosacrale non normalizziamo i tre diaframmi prima di procedere a lavorare sul cranio? Quando facciamo un TGO per allentare le tensioni del paziente, non lavoriamo bene il torace prima di fare una Dog sulle dorsali?
L’unica differenza è che George e Christian hanno osservato questo fenomeno in modo sistematico ed hanno basato il loro trattamento su ricerche condotte con metodo sperimentale.
L’osteopatia ha bisogno di ricerca, solo così potremo liberarci da quella fama di “stregoni” che molti ancora ci attribuiscono ed essere accettati definitivamente in ambito accademico, con la speranza di avere presto una facoltà di Osteopatia riconosciuta in tutta Europa.

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