In questo terzo episodio della serie “Perchè la nostra osteopatia è più efficace” Dario Vitale ci spiega il concetto di “approccio globale e approccio locale”
Qui sotto il testo dell’intervista per chi preferisce leggere:
D: in un precedente podcast abbiamo parlato del concetto di locale e globale, e dell’importanza che riveste nel vostro approccio; ci vuoi spiegare bene i significati di questi due termini?
R: Cominciamo con il GLOBALE.
Molti degli equivoci e delle ambiguità di cui si nutre la moderna osteopatia nascono dal fraintendimento dei termini di globale e globalità, troppo spesso abusati e malintesi. Infatti troppo spesso in ambito osteopatico vige l’idea che, per ogni persona che passi nei nostri studi, si debba tener conto, sempre e necessariamente, oltre che della sua biomeccanica, inclusa quella stomatognatica, del funzionamento dei visceri toracici e addominali, della sua alimentazione e del suo metabolismo, del suo ambiente familiare, del suo habitus caratteriale.
E il problema vero è che non si tratta solo di tenerne conto ma, secondo questa visione, si deve essere anche in grado di interferire (“osteopaticamente”) con gli strumenti dell’osteopatia in ognuno di questi ambiti, se necessario…
Occorrerebbe una competenza diagnostica e tecnica che non si trova neanche in più medici messi insieme, (che non esiste)
D:
Ma questa è la tuttologia di cui abbiamo gia parlato in un precedente podcast se ricordo bene
R: Certo, a questa falsa visione globale “tuttologica” si contrappone la nostra visione globale “vera”, sistemica, in cui vengono studiate, valutate e, quando necessarie, normalizzate le relazioni tra sottosistemi.
Come quando una caviglia malfunzionante attraverso la relazione della miofascia che si è troppo retratta, trasmette un sovraccarico meccanico a livello del bacino; o un viscere patologico, attraverso un surplus di segnali che arrivano ai relativi segmenti midollari, mette in disfunzione le strutture somatiche, vertebrali, comandate da quei segmenti.
La visione sistemica si traduce in un approccio globale vero ed è complementare, sul versante medico, alla visione analitica che produce un approccio terapeutico sintomatico.
Quindi se ho capito bene non siete contrari all’approccio sintomatico?
Lungi dall’essere antitetici i due approcci, sistemico ed analitico, cioè sintomatico sono assolutamente complementari. In una situazione dolorosa acuta, se non è possibile fare altro, ben venga un farmaco antidolorifico. I farmaci antidolorifici, tanto stigmatizzati da una certa visione purista che spesso va a braccetto con quella “falsa globalità” di cui parlavamo, sono stati una delle più grandi scoperte della scienza medica, perché prima si moriva letteralmente di dolore.
D: Ma per approccio analitico intendiamo l’approccio locale?
R: No. Quello analitico, cioè sintomatico, non è l’approccio locale che abbiamo citato insieme al globale.
Se in una visione globale noi mettiamo in relazione zone distanti, la caviglia con il bacino, un viscere con la colonna, in quella locale noi guardiamo alla zona che esprime il sintomo, ma non per essere sintomatici, come in un approccio farmacologico. Quando siamo locali, lo siamo sempre per stabilire una relazione, stavolta non tra zone diverse, ma tra il sintomo e la disfunzione che lo produce, per esempio tra una radicolite e la perdita di mobilità di una vertebra, o tra una tendinite ed il muscolo cui appartiene il tendine, che sarà retratto (quindi in quella disfunzione che noi definiamo miofasciale).
Quindi la nostra attenzione, diagnostica o terapeutica, è sempre puntata sulla perdita di mobilità, sulla disfunzione.
In osteopatia la maggioranza degli altri approcci peccano o per essere solo (troppo) locali, quelli che si limitano a manipolare la zona che esprime il sintomo, o solo (troppo) globali, quando si dedicano a sottosistemi troppo lontani nella catena di relazioni disfunzionali, per esempio che fanno il cranio in una sciatica.
D: Ma in una pratica di studio questo cosa comporta?
R: Questi concetti sono fondamentali per scegliere una strategia terapeutica.
Se la situazione è acuta ma sporadica, sarò prevalentemente locale.
Se la sintomatologia è ricorrente dovrò valutare la situazione da un punto di vista sistemico, perché è l’equilibrio disfunzionale del mio sistema biomeccanico a riproporre il sintomo.
Se è persistente dovremo tenere da conto in egual misura sia il locale che il globale,
lavorando su tutti e due i fronti.
Rimarremo comunque ben consapevoli che su un equilibrio biomeccanico più fragile possono pesare in maniera significativa una patologia viscerale, stili di vita incongrui, habitus psicoemotivi, e ne dovremo tener conto sia nel contratto terapeutico che va stipulato con ogni paziente, sia per consigliarlo ed indirizzarlo alle diverse competenze.
D: Allora se ho capito bene invece di fare tuttologia voi vi preoccupate di indirizzare eventualmente il paziente a professionisti con altre competenze?
R: Certamente sì.Resta nostro onere, come osteopati, quello di migliorare il parametro meccanico, quando è significativo per produrre il sintomo.
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